Nella vita sembra che non ci sia tema più grande della fiducia. Riceviamo e continuiamo ad accogliere lezioni su quest’ultima, ed è proprio la medesima ad essere messa alla prova quando attraversiamo un momento difficile. La qualità della nostra fiducia è commisurata dallo stato della nostra vita, dall’amore che riversiamo verso noi stessi, dalla profondità dell’intimità delle nostre relazioni più importanti, dalla gioia con cui affrontiamo la vita. Se manca la fiducia ad essere perennemente assente è qualcosa di capitale rilevanza: noi abbiamo bisogno di alcune chiavi per usare le esperienze della vita che ci mettono a dura prova, così che diventino occasioni per aprire il nostro cuore anziché chiuderlo. La fiducia è un bene che aumenta con l’uso: a differenza di altre risorse che tendono a diminuire nella misura in cui sono messe in campo, essa si alimenta nella misura in cui viene sperimentata. Chi riceve fiducia è portato ad agire in modo da dimostrare di esserne meritevole, chi dà fiducia è più portato ad accorgersi dei segni positivi che confermano le proprie aspettative. Tuttavia, constatiamo che la costruzione della fiducia è tutt’altro che semplice. In effetti la fiducia appare come un bene fondamentale che da tempo sembra scarseggiare a livello interpersonale, e non solo: questa tendenza non può che preoccupare visto che è difficile immaginare una convivenza sociale di qualsiasi tipo che non si basi su un certo livello di fiducia accordata: ogni comunità umana si poggia su regole e pratiche sociali condivise e considerate affidabili. Il problema della fiducia nella società odierna si situa, per così dire, in uno sfondo nel quale i suoi elementi cruciali sono: le attese reciproche, le interazioni e le istanze diffuse di prevedibilità e sicurezza sociale. La fiducia è, infatti, strettamente connessa al bisogno di prevedibilità, intellegibilità e determinatezza, essa sta al centro della nostra vita comune, cioè della nostra vita quotidiana, verso cui ci affidiamo in modo costante nel pianificare le nostre azioni, o la accordiamo continuamente a quelle parole che esprimono promesse su cui alcuni e alcune incentrano la loro vita o scelte decisive in essa. La fiducia è un bene sociale da proteggere quanto l’aria che respiriamo: se è danneggiata, la comunità nel suo insieme ne soffre e se viene distrutta le società vacillano e crollano. Noi abitiamo un clima di fiducia proprio come abitiamo l’atmosfera e ci accorgiamo della fiducia come ci accorgiamo dell’aria: solo quando diventa scarsa o inquinata.
La relazionalità tra soggettività e confronto con l’altro
“Abbi fiducia in te stesso, ogni cuore vibra su quella corda di ferro” Ralph Waldo Emerson.
Molto spesso quando veniamo feriti, abbiamo la tendenza a chiudere con la persona che ci ha fatto del male, ma in questo modo chiudiamo anche noi stessi in modo doloroso, (anche se a volte non lo percepiamo), ritirandoci in uno spazio di profonda sfiducia, guardando il mondo e la gente in maniera distaccata. Da tale spazio è praticamente impossibile vedere con chiarezza gli altri, per questo così spesso reagiamo o li allontaniamo per non essere di nuovo feriti. Quando ci troviamo in uno stato di sfiducia tendiamo a riciclare in continuazione gli stessi pensieri, finendo per abituarci ad una vita di recriminazioni e di isolamento. Viviamo in una situazione in cui speriamo di essere trattati in un modo che ci faccia sentire sicuri di poterci esporre, ma appena le nostre aspettative vengono infrante, cosa che accade inevitabilmente, ci ritiriamo nella nostra tana. Abbiamo bisogno di una struttura, di una comprensione che ci aiuti a riconoscere il valore delle delusioni e degli abbandoni, così che ci possano dare forza, anziché indebolire o distruggere la nostra fiducia nella gente e nella vita. Le delusioni e gli abbandoni ci sfidano a scoprire una fiducia reale e questo processo è un lungo cammino. Sembrerà strano, ma la caratteristica di una genuina fiducia è di non dipendere dagli altri, né da qualcosa di esterno, ma è una profonda esperienza interiore di connessione col nostro essere e con l’esistenza.
Il nostro livello di genuina fiducia, quello che non dipende da eventi esterni, è uno specchio della nostra coscienza ed una qualità che possiamo sviluppare. Non siamo così impotenti come potrebbe sembrare quando arriva il momento di aprire il nostro cuore alla vita, agli altri e, in definitiva, a noi stessi. Perché, fondamentalmente, non è negli altri che dobbiamo imparare ad avere fiducia, ma in noi stessi.
Riscoprire una fiducia inedita nella relazionalità
Ciò che in via preliminare possiamo cominciare a indicare come relazioni di fiducia autentica o genuina, sono le relazioni eticamente orientate, relazioni, potremmo dire, indirizzate all’apertura all’Altro e dell’Altro in relazione, apertura della e verso l’altrui libertà, oltre che della propria, doppiamente intesa come libertà di essere ed agire. Se guardiamo al contesto postmoderno e occidentale senza spinte nostalgiche verso il passato, possiamo individuare numerose risorse e potenzialità. Di fatto c’è una riscoperta delle relazioni e per certi versi una fiducia inedita nella relazionalità, intesa come esperienza di contatto tra le persone. Una delle sfide che nell’ultimo ventennio le persone hanno sperimentato è stata proprio la possibilità di vivere i rapporti paritari, sul registro della vera parità, sia nei contesti intimi – di coppia, familiari – che in quelli sociali, lavorativi, amicali. Oggi possiamo dire che il rapporto tra pari si arricchisce della possibilità, ancora non scontata ma a cui tendere, della piena libertà di espressione delle differenze. Proprio il primato della soggettività, dell’autoaffermazione e del valore dato all’esperienza, se da una parte ci ha permesso di fare un salto qualitativo nei rapporti interpersonali, dall’altra è diventato esso stesso l’espressione del disagio e del limite delle relazioni paritarie. La diversità costringe alla relazione, al dialogo, ad una comunicazione aperta e interessata all’altro. Il confronto con l’altro, come altro da sé, diventa una grande risorsa che permetterà alle differenze di esprimersi riducendo le spinte individualistiche e di onnipotenza riportandoci alla relazione, unico luogo dove la soggettività può raggiungere la pienezza. Accogliere le delusioni e le frustrazioni come opportunità per andare più in profondità, per crescere e maturare, può guidarci e mostrarci che la vita è in realtà amorevole e si prende cura di noi. In questo modo vedremo e sentiremo la bellezza reale nella vita e nelle persone che ci sono vicine, in coloro che amiamo, nei nostri amici e genitori.
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